"Prima danza, poi pensa - Alla ricerca di Beckett" di James Marsh è un film "teatrale". Il teatro è presente in ogni inquadratura, ma questo nulla toglie all'intensità con cui il regista racconta la biografia del grande drammaturgo irlandese Samuel Beckett impersonato superbamente da Gabriel Byrne.
L'interpretazione magistrale di Byrne rende il film straordinario, bravi anche Fion O' Shea che interpreta un Beckett più giovane e Aidan Gillen calato alla perfezione nei panni di James Joyce.
Il film si apre con l'assegnazione, nel 1969, a Becket/Byrne del Premio Nobel per la Letteratura, che accoglie l'annuncio sussurrando alla moglie a fianco, Suzanne, un'ottima Sandrine Bonnard : " Che catastrofe!" e questa frase la dice lunga sulla fragilità e complessità del genio acclamato per "Aspettando Godot" capace di entrare nell'animo umano e descrivere il complesso edificio della vita, forse come nessun altro.
Il film da subito si sdoppia: da una parte Beckett intavola un dialogo con l'alter ego sulla sua vita sulle difficoltà della sua arte, sui rapporti complicati con le donne a cominciare da sua madre facendo raggiungere al personaggio un'intensa tenerezza umana. Dall'altra una serie di flashback raccontano la vita del drammaturgo.
Dopo una infanzia faticosa per il complesso rapporto con la madre decide di lasciare Dublino e partire per Parigi: vuole incontrare il suo idolo James Joyce. Si apposta in una strada di Parigi dove sa che il poeta passerà e lo chiama, ma il grande scrittore continua la sua camminata dicendo : "Sto pensando", come una follata di vento.
Quale introduzione migliore, anche se teatrale, dello scrittore e poeta irlandese Joyce che sottolinea l'importanza del pensare?
Il genio Beckett si confronta in continuazione con la "miseria" della vita alla quale tenta di dare dei contorni.
Conoscerà e diventerà amico di Joyce, sarà pugnalato per una strada frequentata da prostitute forse perchè non va con nessuna da loro, chiede all'accoltellatore " Perchè?" e la risposta è "non lo so".
Il non senso della vita....
Combatte nella Resistenza ed è forse il passaggio in cui il racconto soffre maggiormente per la regia teatrale del film.
Ma la bellezza e la forza dei dialoghi fra Beckett/Byrne e il suo alter ego rendono il film un grande film.
Si ritrova Beckett : la sua parte oscura e la sua tenerezza umana.
Il suo essere comunque un Genio.
Bisogna viverla la vita e poi parlarne...prima danzarla....
In un colloquio finale con il suo alter ego che gli dice : " Hai vissuto una bella vita..." risponde:
"Ho vissuto una vita".
Solo un Grande può pensare così.
Il regista James Marsh rende la teatralità del film la sua forza.
Un gran bel film!
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