La sensazione è strana: non si può definire paura, nè ansia, nè angoscia...ti attanaglia in una morsa il cuore, lo stringe, quasi impedendogli il suo battito normale.
La guerra l'ho studiata, me l'hanno raccontato mio padre, che l'ha combattuta, e mia madre. Me la raccontano ancora quelli che l'hanno vissuta: sentire il rumore delle bombe che ti cadono in testa, è qualcosa che ti porti dietro tutta la vita.
E adesso la senti e le vedi in televisione, attraverso le immagini dei coraggiosi corrispondenti e vedi i bambini che non capiscono questo strano "gioco", piangono, cercano la loro casa, la loro quotidianità.
E quella sensazione di cuore stretto si riaffaccia.
Cammino per Villa Pamphili, il passo si fa più svelto quasi per allontanare le immagini, ma non è giusto " non vedere", la stretta morde, le papere giocano, svolazzano, non sanno della guerra, speri che ti trasmettano pace, per un pò ci riescono, poi ti sembra di nuovo che il sangue non arrivi al cuore.
Mia madre mi raccontava che il terrore delle bombe le rimase per tutta la vita, allargandosi alla paura dei temporali: non poteva sentire i tuoni, le ricordavano la guerra, ed allora, quando ero piccola, per non spaventare me e i miei fratelli con le sue ansie ad ogni tuono raccontava: " Il nonno sta andando in carrozza sulle nuvole...sentite il rumore delle ruote? Si sta divertendo...." e noi ridevamo mentre a lei, immagino, si stringesse il cuore.
Chissà cosa raccontano le mamme ai figli che abbracciano o tengono per mano portandoli via dal massacro in Ucraina.
La guerra è sempre stata lontana, terribile, ma lontana adesso è vicina sento la corrispondente che dice: "Trieste è più vicina a Kiev di quanto lo sia a Palermo...." e le bombe che cadono sui palazzi, sui civili, sulle bellezze dell'Ucraina, su quella popolazione che continua ad ammassare sacchetti di terra per resistere, per non abbandonarla, perchè quando si va via dalla propria terra si muore, anche se si continua a vivere. Quel mettere i sacchetti uno sopra l'altro spazza via l'idea della guerra moderna, quella nucleare, eppure è lì dietro l'angolo.
Sembra quasi che la potenza dell'uomo, quella sacralità insita nell'essere umano, possa vincere la potenza cattiva, distruttiva che annienta tutto.
Gli uomini caricano la loro famiglia sui treni, sulle auto e tornano indietro a combattere.
Tornano indietro! Ma quanto coraggio richiede un gesto di questo genere?
Uomini che vivevano nella loro casa, con le felicità e i problemi quotidiani, doppiamente straziati dal lasciare la loro famiglia, e dall'imbracciare armi che non sapevano neanche usare, andando, forse, a morire.
Fermatela questa guerra!
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