"Samurai - Le avventure di un Forrest Gump della tv dietro le quinte del potere" intervista di Andrea Scarpa, giornalista, dal 1987 per carta stampata e dal 2017 caporedattore Macro, cultura e spettacolo de "Il Messaggero", a Mario Maffucci, giornalista, in Rai dal 1968 al 2000, autore e Capostruttura di Rai1, edito da "Fuori scena" non è solo un libro per chi conosce il mondo della Rai, ma appassiona e interessa chiunque lo legga per il racconto del profondo cambiamento avvenuto nella società italiana durante gli anni '80 e '90, la Rai ne fu protagonista.
Mario Maffucci fu sicuramente un "guerriero" in Rai, e, nello stesso tempo. come afferma nell'intervista: "Ho creduto e credo ancora fermamente nel servizio pubblico e nella sua missione", ed ecco il perché del titolo: "Samurai".
Maffucci racconta un momento cruciale della Rai, quando scese in campo Silvio Berlusconi, e nel 1987 personaggi di punta come Pippo Baudo, Raffaelle Carrà e poi Enrica Bonaccorti, lasciarono la Rai per "emigrare" in Fininvest, che divenne in seguito Mediaset.
Per arginare questo svuotamento di talenti, Maffucci propose ad Emmanuele Milano, allora direttore di Rete1, di chiamare Adriano Celentano a condurre Fantastico 8, il programma era rimasto orfano di Baudo che lo aveva condotto con successo: l'idea fu geniale.
Ma anche coraggiosa. Celentano capì che potevano giocare sulla diretta, la Rai l'aveva, Berlusconi no.
L'impatto col pubblico era più diretto e senza filtri.
Fu anche una scommessa.
Ma erano anni che la Rai sperimentava, la creatività era importante e salvaguardata, dei grandi e dei piccoli ( in quegli anni, avevo cominciato da poco l'avventura Rai, ero coautrice del programma " Colosseum" di Brando Giordani ed Emilio Ravel, con la regia di montaggio di Armando Portone, persona di alto livello professionale ed umano, ed ho conosciuto bene quel clima vivo e vitale).
I "silenzi" di Celentano, che sembrarono un flop colossale in un primo momento, crearono un successo di 11 milioni di spettatori.
" Fantastico 8 fu in assoluto uno dei più grandi successi della tv italiana...." racconta Maffucci incalzato dalle acute domande di Andrea Scarpa "anche perchè c'era un'azienda intera che andava nella stessa direzione. Sapeva rischiare, fare, gestire."
Mario Maffucci è stato il dirigente del Festival di Sanremo per 18 anni, dal 1982 al 2001 ed il libro racconta, con particolari gustosi, retroscena ed episodi che rivelano anche la società dell'epoca ed una Rai dove " ...le scelte si facevano seguendo soprattutto logiche di competenza e serietà ...."
" Droga, che fare?" ideato e condotto con Piero Badaloni, giornalista e ottimo professionista Rai, conduttore di "UnoMattina" e non solo, fu un altro programma antesignano di quegli anni.
Maffucci e Badaloni scrissero, in seguito, un libro con la prefazione di Sandro Pertini.
E poi i grandi eventi a cominciare da "Pavarotti e Friends", il concerto di Madonna...
Il capitolo che chiude " Samurai", " I miei maestri", la dice lunga su come si costruisce una professionalità.
Tre furono i maestri di Maffucci : il regista Luigi Martelli, figlio di Otello, grande direttore della fotografia, Marco Zavattini, autore, figlio del indimenticabile Cesare Zavattini, ed Armando Portone "il primo e fondamentale professionista, che in un sottoscala a Via Fasana,...mi insegnò tutto sul linguaggio delle immagini...un talento puro, serio e curioso..."
Il libro, che si legge di un fiato, tanto è l'interesse che suscita e la portata degli argomenti, lascia un orgoglio profondo per chi, come me, ha vissuto quella Rai: "le scelte si facevano seguendo soprattutto logiche di competenza e serietà. La politica c'era e si sentiva, è vero, ma c'erano anche quelli che sapevano pensare, fare e gestire la tv."
Così il Forrest Gump della televisione, che unisce alta professionalità e l'umiltà dei grandi, conclude l'intensa e bella intervista ad Andrea Scarpa.
Non posso non ricordare quello che mi disse Brando Giordani, un Maestro della televisione, Capostruttura e direttore di Rete1, a lui mi hanno legato anni di collaborazione e stima: "ma io ti ho mai chiesto per quale partito voti?"
Era vero.
Non lo sapeva.
Credo che non l'abbia mai saputo, ma sapeva che non era il suo.
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