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Testa alta e avanti

 Il 17 giugno 1983 veniva arrestato, nel cuore della notte, Enzo Tortora giornalista, autore, presentatore di successo di programmi Rai, per associazione a delinquere di stampo mafioso. Il suo "Portobello" fu campione di ascolto superando i 20 milioni di spettatori. 
Traffico di droga e reati contro la persona e il patrimonio, suo principale accusatore,  il pentito Pasquale Barra detto "o' animale".
Ricordo bene quel 17 giugno.
Collaboravo alla trasmissione "Colosseum" di Brando Giordani ed Emilio Ravel, un successo di Rai Uno, mi trovavo alla "Tecno 77", la società dove si realizzava il programma.
La notizia arrivò improvvisa, il classico fulmine a ciel sereno.
Entrai nella saletta dove Giordani, Capostruttura di Rai Uno, in seguito Direttore di Rete di Rai Uno,  visionava la puntata montata. Incredula, gliela comunicai: " Impossibile" esclamò, poi quasi abbassando la voce: "Lo vogliono incastrare..."
Una immediata reazione che non fu di tutti in Rai...
Subito, o quasi, dalla parte di Tortora si schierarono Piero Angela, amico di famiglia, ma anche Enzo Biagi, Federico Fellini, Leonardo Sciascia, Stefano Rodotà e molte personalità del mondo della cultura. giornalisti, professionisti....
Ma quanti sussurri e sorrisi a mezza bocca ho visto nei corridoi della Rai....
" Testa alta e avanti", il bel libro di Gaia Tortora, edito da Mondadori, racconta la storia del padre, ma non solo, racconta la storia sua e della famiglia.
Gaia Tortora aveva 13 anni quando il padre fu arrestato, quella mattina si era svegliata per andare a sostenere l'esame di terza media.
Non si accorse dell'agitazione in casa, tenuta abilmente nascosta. La notizia le fu comunicata poi dalla sorella Silvia, che andò a prenderla a conclusione dell'esame.
" Si chiarirà subito tutto..." dissero in famiglia, ma non fu così.
Il calvario di Enzo Tortora, persona per bene, si chiuse il 15 settembre 1986 con l'assoluzione definitiva, nel frattempo non gli furono risparmiati carcere, arresti domiciliari, umiliazioni.
Ma forse la sua vicenda si è veramente conclusa il 18 maggio 1988, quando morì per malattia: un tumore ai polmoni.
Il suo fisico non resse un trauma così profondo.
Gaia Tortora non solo racconta in modo esemplare il percorso del padre, senza retorica e pietismi, con una scrittura intensa e asciutta, ma racconta di sè, della sua crescita difficile, del suo diventare un'ottima giornalista, oggi a "La7", delle crisi di panico, del suo dolore, della sua paura di non farcela a superarlo e delinea la figura paterna, attraverso i ricordi e le lettere che si scrivevano mentre lui era in carcere, tenendo sempre alto l'amore filiale e il valore dell'uomo.
Emoziona e commuove la tenerezza del rapporto che si crea con il padre durante la detenzione, forte, potente, ma anche spiritoso, da buon genovese.
"Alle mie figlie pongo questa domanda di continuo....." dice l'autrice " E se quella ragazza di cui state spettegolando non avesse fatto quello che si dice? E se l'amica dell'amica di cui state dicendo male non si fosse davvero comportata così?"
 Gaia Tortora ha insegnato l'onestà intellettuale alle figlie, ma quale prezzo ha dovuto pagare la sua famiglia per questa malagiustizia? 
Enorme.... 
Gaia, Silvia  ( morta troppo giovane, a 59 anni ), la famiglia hanno dovuto fare i conti con il perverso piacere della gente di vedere "la caduta dell'intoccabile" : un uomo serio, professionista, bravo, educato e gentile, che amava il proprio lavoro.

Un gran bel libro!


  






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