"Il signore delle formiche", il film di Gianni Amelio ti prende da subito, dalle primissime inquadrature, sicuramente per la magistrale regia di Amelio, ma per qualcosa in più: un mix perfetto, che si snoda durante tutto il film, fra regia, sceneggiatura, grandi attori e che ti incolla allo schermo.
Aldo Braibanti è un professore, drammaturgo, scrittore, poeta, che tiene seminari, crea un circolo culturale e allestisce i suoi spettacoli teatrale a Castell' Arquato, in Emilia Romagna nella provincia di Piacenza nella cosiddetta "Torre" , dove abita, studia le formiche, "animali intelligentissimi che condividono tutto..." racconta ad un suo allievo.
Il "caso" Braibanti è realmente accaduto a metà degli anni sessanta, il Professore fu processato per plagio, dividendo l'Italia fra colpevoli ed innocentisti.
Braibanti, uomo colto, intellettuale di grande profondità ed elevatura, ha una colpa: quella di essere omosessuale.
Ettore Tagliaferri, 23enne, un bravissimo Leonardo Maltese alla sua prima esperienza cinematografica, è affascinato dalle teorie e dagli scritti del Professore e fra i due nasce un sentimento d'amore. Braibanti si trasferisce a Roma e con lui Ettore, figlio di una famiglia borghese e bigotta, che non accetta l'amore fra i due arrivando a "rapire" Ettore e trasferirlo in manicomio dove il giovane viene sottoposto ad elettroshock che gli provocherà danni irrimediabili.
La famiglia "amorosa" abbandonerà Ettore una volta uscito dal manicomio, sottolineando la propria ipocrisia.
Il processo ad Aldo Braibanti si concluderà con la sentenza di condanna a 9 anni, 4 in appello, che poi diventeranno due per buona condotta.
Quel senso di inquietudine che ti accompagna, soprattutto all'inizio del film, per come Gianni Amelio disegna con maestria l'Italia di quegli anni fasciata da un falso perbenismo, da valori ipocriti che condannano con orrore l'omosessualità, e che ti fa capire la potenza del male, si stempera nella pulizia etica e morale di Aldo Braibanti, nell'innocenza di Ettore Tagliaferri che vuole vivere il suo rapporto con Aldo soprattutto intellettuale e amicale.
Ennio Scribani, giornalista dell'Unità, si appassiona al caso Braibanti seguendolo durante il processo e scrivendo numerosi articoli su di lui, fra i due nasce un'amicizia, Ennio lo va a trovare in carcere incitandolo a difendersi e non a chiudersi in un silenzio che può sembrare arrogante come l'arroganza dei suoi accusatori.
Il colloquio fra Aldo e Ennio, interpretati da Luigi Lo Cascio e Elio Germano è un capolavoro di recitazione: l'intensità dei due grandi attori trasmettono tutta la forza della dignità, della verità, dell'essere "diversi" si, ma diversi dalla miseria umana.
Gianni Amelio tocca con la sensibilità che gli è propria il tema della libertà di essere quello che si è, opposta a chi "crea" quello che non è, dando vita a un mondo di pregiudizi.
Brava Sara Serraiocco, la cugina del giornalista, che diventa una promotrice del Comitato pro Braibanti, ma bravi tutti, molti gli attori giovani alla loro prima esperienza.
Presentato alla 79 Mostra del Cinema di Venezia in concorso con successo di critica e pubblico, appena uscito nelle sale è primo al box office.
Un'intensa Anna Caterina Antonacci, da vita ad una madre di Aldo Braibanti, ferma e dignitosa ( "Grazie, non ho bisogno di niente" dice a chi la vuole aiutare) davanti agli attacchi dei "perbenisti" con la potenza di chi sa da quale parte è il bene:
E il bene sta nell'amore.
Un gran bel film!
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