Quello che colpiva in Emilia erano gli occhi: scuri , lucidi e brillanti. Aveva una corporatura che era diventata imponente negli anni , ma il viso aveva mantenuto la bellezza della gioventù con lo sguardo vivace e curioso sul mondo, fino a quando se ne andò quasi novantenne. Carica di un'umanità e un cuore non comuni, per me è stata una seconda mamma ( se mi sentisse mia madre, napoletana doc, con l'amore sviscerato che aveva per i figli ed io per lei!) l'ho conosciuta poco più che trentenne. Conosceva la vita e mantenne sempre il desiderio di aiutare gli altri , e quando la vita fu dura con lei togliendole un figlio di cinquanta anni, Giuliano, non si inaridì, non pianse su se stessa, non urlò la sua disperazione anche se il dolore le spaccò il cuore continuò ad andare avanti ed ad ascoltare gli altri. Aveva un altro figlio Massimo, ma io ero la figlia femmina che non aveva avuto, quella da consolare con saggezza dalle pene d'amore, quella a cui regalare vestiti che sceglieva con un gusto inimitabile, quella a cui preparare i bocconi più buoni , era sempre dalla mia parte. Cuoca raffinata ed eccellente, proveniva da un'antica famiglia pugliese e conosceva tutti i piatti tipici, quando arrivavo , non solo io , lei riceveva nella sua calda cucina, trafficando intorno ai fornelli o sedendosi al tavolo vicino a te. Adoravo le "pettole" frittelle che Emilia preparava l'8 dicembre secondo la tradizione pugliese. Quella cucina sembrava magica , i problemi svanivano o trovavano una loro soluzione. In realtà era lei che sapeva farti vedere il lato delle cose che non avevi saputo vedere e si immedesimava a tal punto nei tuoi problemi che ti sentivi subito sollevata. La cucina di Emilia, accompagnata dai suoi manicaretti, era un vero e proprio rifugio alle pene del mondo, la sua numerosa famiglia pugliese si avvicendava intorno a quel focolare alla ricerca del calore che lei sapeva distribuire a piene mani. Mi ha chiamata "Guagnedda"( ragazza, in dialetto pugliese) fino a qualche anno fa, prima di andarsene, perchè sosteneva "la vera età te la porti dentro nel cuore e nell'anima" ed io per lei avevo sempre trenta anni. In realtà era Emilia una "ragazza" , ci divertivamo insieme , ridevamo molto, mi diceva " voglio vederti sempre felice" e mi portava a raccogliere le giuggiole lungo un viale che aveva scoperto vicino casa sua, a Roma, nel verde quartiere di Montesacro. Ti sosteneva , ti aiutava , ma voleva che pensassi con la tua testa, e soprattutto mi diceva " non tradire mai il tuo cuore". Aveva ragione.
Percorriamo in bicicletta, Monica ed io, i vialetti di Fregene, alla ricerca della casa di Federico Fellini e Giulietta Masina, in Via Portovenere. Eccola! C'è un pò di emozione in noi, perchè tutto quello che riguarda il grande Maestro emoziona ed immaginare che, in un periodo della sua vita, abbia vissuto in questa casa, passeggiato nel giardino, pensato i suoi magici film, creato i suoi disegni ci fa muovere quasi con circospezione al di là del cancello, come se il Maestro fosse ancora lì e noi lo potessimo disturbare. Federico Fellini e Giulietta Masina misero su questa casa nel 1961, come racconta la stessa Masina a Costanzo Costantini. La grande coppia si innamorò di Fregene verso la fine degli anni cinquanta e decisero di comprarsi la casa dove trascorsero periodi sempre più lunghi. Diventata troppo piccola, perchè "affollata" dai moltissimi amici del mondo del cinema, nel 1966, comprarono un terreno dove costruirono una grande villa a due piani a Via Volosca 1...
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