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Dietro le quinte di Uno Mattina: Giuseppe Soffiantini

Ho incontrato Giuseppe Soffiantini un paio d'anni prima che se ne andasse nel marzo 2018, ero andata ad intervistarlo  per "UnoMattina Caffè". Mi accolse nella sua casa di Manerbio, a pochi chilometri da Brescia. Il cancello si aprì su un grande giardino molto curato, un tripudio di fiori e di colori che  circondava la sua bella casa  dove viveva con la moglie  Adele, una donna piccola e gentile, che mi offrì un caffè con l'ospitalità d'altri tempi. 
Era molto fiero del suo giardino che curava personalmente.
Soffiantini aveva da poco superato gli ottant'anni, aveva un portamento elegante e una dolcezza che gli avvenimenti della sua vita non avevano piegato. Imprenditore, costruì dal nulla un azienda tessile a Manerbio:  "ero forse il bambino più povero della zona", mi disse fuori le telecamere, eppure fu capace di dar vita a un'azienda che contava 400 operai. Fu rapito il 17 giugno 1997, nella sua casa, e sopportò 237 giorni (quasi otto mesi)  di prigionia dura. Venne rilasciato a Impruneta, vicino a Firenze il 9 febbraio 1998.  " Quante volte" mi raccontò " per sopportare la prigionia chiudevo gli occhi e sognavo di passeggiare nel mio giardino... pensavo: se non muoio di stenti e non mi amazzano devo riportare a casa la pelle...". 
L'intervista verteva soprattutto sulla capacità di perdonare. Soffiantini era arrivato a pubblicare un libro di poesie di Giovanni Farina, il suo rapitore che volle incontrare nel carcere di Sidney. Ad una mia domanda  rispose: " Il perdono è una presa di distanza da chi  ti ha fatto tanto male...se continuiamo a provare sentimenti di vendetta è come prendere un veleno a piccole dosi...pensi di far morire... e invece muoriamo noi..." Era un uomo ancora curioso della vita  e questo lo rendeva vivo e vitale , orgoglioso della sua famiglia ( tre figli e diversi nipoti) sempre presente con intelligenza ed amore nelle trattative per la sua liberazione, ma era soprattutto un uomo non sopraffatto dalla cattiveria umana : "con l'odio , con il risentimento non si spezza alcuna catena ....". 
Mi ringraziò per l'intervista, per il modo con cui gli avevo posto le domande " senza premere sul dolore" mi disse. Ne fui e ne sono orgogliosa ....ci salutammo...dentro di me il ricordo di una grande persona.







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