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Primi passi...

Mia nonna Lilla, la mamma di mio padre, ha abitato per un certo periodo a Viale Mazzini. Adolescente, andavo spesso a trovarla con papa’ e passavamo, con la nostra automobile, davanti al Palazzo della Rai. Quel palazzo di vetro mi sembrava un posto dove si muovevano personaggi misteriosi: cercavo di scorgere un dettaglio, una situazione, qualcosa che mi facesse capire cosa stesse accadendo dietro quelle immense vetrate. Da come si muovevano le sagome delle persone, sbirciando dalle finestre semiaperte, immaginavo una situazione lavorativa: un diligente funzionario assorto nel suo lavoro, una lavata di capo di un dirigente ad un suo sottoposto, un chiacchiericcio allegro fra due donne. Ma lo spirito vivace dell’adolescente si distoglieva ben presto da quel palazzo, distratta dallo strombazzamento di mio padre verso un automobilista indisciplinato o dal dover decidere quali dolci portare alla nonna. Mai avrei pensato che un giorno avrei lavorato in Rai , non era nei miei sogni, nelle mie aspirazioni. Eppure è diventato il mio lavoro per più di 30 anni . L’ho fatto con passione, con scrupolo. Collaboratore, autore, programmista regista sono uscita dalla Rai giornalista professionista. Ho vissuto la Rai degli anni ‘80, ‘90, 2000 fino al 2017 e i cambiamenti sono stati molti, direi epocali. L’inizio fu del tutto casuale : mi preparavo alle vacanze estive quando venne a trovarmi un’amica e mi disse : “ Alla Rai cercano aspiranti giornalisti o programmisti registi perché non ci proponiamo?” Non sapevo il significato del termine “ programmista regista”, ma scrissi dichiarandomi disposta ad un colloquio. Troppo presa dalla preparazione delle vacanze imminenti, non spedì la lettera e l’abbandonai in un angolo della scrivania. Al rientro la fedele amica mi chiese se avessi seguito la sua proposta . Sentendomi un po' in colpa per la sbadataggine e l’essermi fatta condizionare dal sopravvento delle vacanze, risposi con un diniego. L’amica proseguì : “ Ho conosciuto Francesca , segretaria del Direttore del Personale di Rai 2 , se vuoi la chiamo così gliela puoi portare a mano”. Anche allora la fiducia nelle poste era scarsa ! Questa volta seguì fino in fondo il consiglio dell’amica. Francesca, una ragazza solare e piena di vita, mi accolse con un sorriso beneaugurante , mentre le porgevo la lettera si accorse che il Direttore in quel momento non era occupato, così bussò ed ebbe l’autorizzazione a farmi entrare nella stanza . La semplicità dei rapporti umani di quegli anni, mi permise di avere un colloquio seduta stante con il Direttore del Personale di Rai 2 . Gli raccontai brevemente chi fossi e mi parlò della possibilità di avere delle collaborazioni con la Rai : “ accetti il primo contratto che le viene offerto ….questo è un mestiere che si impara sul campo…Lei è una ragazza sveglia, è laureata ( il titolo di studio aveva un “suo” valore) la Rai non ha che da guadagnare nel poter collaborare con persone come lei”. Incredula e contenta per l’inaspettato incontro di cui non riuscivo ancora a capire bene i contorni, tornai a casa.
Il colloquio era avvenuto in settembre . In una giornata di dicembre , mentre ero sprofondata con gli occhi e con la mente in un libro, fui interrotta dallo squillo del telefono: “ Buongiorno, qui è la Rai posso parlare con Rosellina Mariani ?” pensai immediatamente che la mia amica mi facesse uno scherzo telefonico…. “Annamaria, smettila” risposi ridendo “ho capito che sei tu!” . Il silenzioso imbarazzo dall’altra parte del telefono mi fece capire che la telefonata era veritiera “Signora qui è la Rai” ripetè…Credo di essere arrossita e cercai di riprendere immediatamente la serietà che la situazione richiedeva. La gentile voce mi proponeva una collaborazione con la Rai, “se ero interessata”, si premurò di aggiungere, e mi invitava ad un colloquio. E così, alla fine degli anni settanta, firmai il mio primo contratto . Ora , e da molti anni, la Rai vive sulla collaborazione di numerosissime redazioni. Ma allora era diverso. Eravamo mosche bianche in un mondo di funzionari e dirigenti ed eravamo osservate severamente …se non eravamo capaci , il contratto non veniva rinnovato. La collaborazione durò tre mesi e subito dopo fui richiamata per una trasmissione culturale che si chiamava “ Nero su bianco” : il contratto aveva la durata di nove mesi, il massimo consentito dai regolamenti interni. Collaboravo con Francesco Bortolini un ottimo regista e autore, persona coltissima, intelligente, spiritosa ed ironica (scomparso purtroppo prematuramente). La stanza di Francesco Bortolini e Claudio Barbati ( l’altro autore del programma ) era al quinto piano di Viale Mazzini, e lì avevo la mia scrivania. Ogni mattina , puntualissima, alle 9.30, raggiungevo la “postazione” osservando con curiosità le persone che incontravo e che popolavano quegli uffici. Alcuni camminavano frettolosamente per i corridoi come se non dovessero perdere un minuto della loro giornata, altri sbirciavano all’interno delle stanze con aria sospetta, altri ancora, con molta calma, camminavano come se facessero una passeggiata al Corso per ammirare i negozi, fumando una sigaretta dopo l’altra ( non c’era ancora il divieto di fumo nei locali pubblici). Insomma mi sembrava che lavoratori e sfaccendati si mischiassero in un onda inarrestabile. Ma questa credo sia una particolarità che sopravvive anche oggi in Rai. Il programma era composto da diversi servizi realizzati dai registi che riguardavano il mondo della cultura, libri, teatro, personaggi di spicco ed io cercavo di barcamenarmi in un lavoro organizzativo di cui mi erano ignoti perfino i termini appropriati. Non avevo mai visto una cinepresa né tantomeno una sala di montaggio, non sapevo cosa fosse una “ truka” ( realizzazione di particolari effetti fotografici) o come si registrasse uno “speach” . Capire poi la burocrazia della Rai vi assicuro che era un’impresa di non poco conto. Eppure, passo dopo passo , cercai di inoltrarmi in questo mondo sconosciuto e affascinante. Mi sono sempre rimaste in presso le parole del Direttore del Personale : “ Si ricordi questo lavoro si impara guardando…bisogna saper rubare con gli occhi”...


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